Attivismo, voce del verbo attivare.

Mi piace questa parola.
Ha un senso di impegno e libertà, di energia e civiltà che si abbina perfettamente a quanti vogliono fare qualcosa per il suolo o la natura o per i diritti civili e sociali.
L’attivista me lo figuro come una persona appassionata alle questioni ecologiche e sociali che ha il chiodo fisso per la mobilitazione nelle sue differenti forme.
L’attivista vuole attivare, non solo rappresentare, non acquietare la sua coscienza.
Può essere attivista chiunque.
Può esserlo chi è iscritto a una associazione, ma iscriversi non fa diventare automaticamente attivista, perché esserlo è uno stato mentale e del cuore.
Lo si è per come si pensa, per come ci si comporta.
Per la determinazione e la tenacia.
L’attivismo è un modo di stare al mondo facendo si che, in ogni momento, non siano le cose che succedono a cambiarci come quel vecchio americano durante la guerra del Vietnam.
Ogni mattina, di buon’ora, usciva di casa con il suo cartello pacifista e andava, solo, davanti ai cancelli della Casa Bianca a dire NO alla guerra.
Tutti i giorni, per mesi. Con il sole rovente, con la neve gelida. Da solo.
Un giorno un giornalista, incredulo e pietoso, gli chiese il senso di quello stare là, visto che mai quella manifestazione solitaria avrebbe cambiato le sorti della guerra.
Il vecchio rispose in un modo stupendo, da autentico attivista:
« Lo so, io con questa protesta solitaria non cambierò le cose, ma so anche che così facendo non saranno le cose a cambiare me ».

Quel vecchio è una sorta di manifesto dell’attivismo, un modo di intendere la vita attiva dentro una società che ha nella frase “lascia perdere, fatti gli affari tuoi” un pilastro di se stessa.
Attivisti significa essere “di persona e personalmente” argini al dilagare delle peggiori cose, impermeabili ai virus che vogliono entrare e albergare dentro di noi, e azzittirci.
Non c’è unna formula precisa, un vestito da indossare o un distintivo da cucirsi addosso.
L’attivismo è una declinazione dell’impegno civile.
C’è solo da prendere una posizione pubblica nel flusso del nostro lavoro, del nostro tempo libero, del nostro quotidiano avendo sempre la speranza di cambiare le cose che non vanno, a partire da noi stessi, assieme all’impegno a non farsi cambiare dalle cose peggiori.
Tutti possiamo essere attivisti perché tutti noi abbiamo tra le mani la possibilità di innescare cambiamenti.
O al minimo, pensarli.

(dal libro “L’intelligenza del suolo” di Paolo Pileri, edito da Altraeconomia)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *