La sera di lunedì 22 gennaio abbiamo parlato di suolo vivo e fertile!
Bisogna parlarne. Perché?
Ci sono numerose motivazioni … ad esempio, che per la formazione
di 1 cm di suolo sono necessari ben 1000 anni… oppure che più del
95% della produzione di alimenti dipende proprio dal suolo.
Oggigiorno assistiamo a spietati maltrattamenti del suolo, basti
pensare all’utilizzo smodato di erbicidi, pesticidi, fertilizzanti di sintesi,
a lavorazioni agricole troppo invasive e frequenti, alla
cementificazione selvaggia, a disboscamenti e tagli di siepi e alberi,
che conducono ad una estrema e pericolosa semplificazione del
paesaggio.
Tutto questo viene compiuto senza curarsi delle conseguenze.
Un suolo sano è un Superorganismo vivente in cui abitano numerosi
organismi che interagiscono fra loro e sono responsabili di molteplici
servizi ecosistemici, come, solo per citarne alcuni, i cicli dei nutrienti,
la degradazione della sostanza organica, il mantenimento di un
buon equilibrio idrico.
Ci rendiamo conto di quanto sono importanti questi servizi,
solamente quando vengono a mancare, ma in quel momento, forse,
è già troppo tardi!
Gli organismi che vivono in un suolo sano vanno dall’infinitamente
piccolo, pensiamo a batteri, funghi, attinomiceti, protozoi, nematodi,
fino a insetti, lombrichi, ragni, centopiedi ed altri invertebrati,
apprezzabili ad occhio nudo.
Ognuno di questi ha la sua preziosa funzione, ma esistono degli
organismi chiave, i cosiddetti ingegneri del suolo, che, con la loro
attività fisiologica, sono in grado di migliorarne le caratteristiche
fisico-chimiche e biologiche.
Fra questi sono da annoverare i lombrichi, dei veri direttori
d’orchestra del sottosuolo, infatti dirigono l’attività di
moltissimi microorganismi.
Alla fine dell’800 il celebre naturalista inglese Charles Darwin ha
pensato di dedicare un libro proprio a queste straordinarie creature!
La presenza di organismi bioindicatori, definiti come “strumenti
viventi” che possono dare informazioni sull’impatto delle pratiche
di gestione del suolo, e sintetizzata in indici di qualità biologica, è un
mezzo utile per monitorare la sostenibilità della gestione del
campo coltivato.
Sono stati presentati i risultati di uno studio sulla biodiversità del
suolo in campi coltivati a ortaggi a differente gestione agronomica
(biologica e convenzionale) svoltosi nell’ambito di una ricerca di
dottorato all’Università di Padova e finanziato da EcorNaturaSì (1).
Ebbene, i campi coltivati con il metodo biologico hanno manifestato
dei servizi ecosistemici significativamente più efficienti rispetto a
quelli convenzionali, evidenziando come l’adozione di pratiche
agronomiche più rispettose dell’ambiente e della biodiversità
renda il suolo assai più funzionante e performante.
Ma la biodiversità influisce su ciò che mangiamo? Pare proprio di sì!
Infatti dallo studio sono emerse moltissime correlazioni significative
fra le proprietà nutrizionali degli ortaggi e il “brulichio di vita” che
circonda gli ortaggi nel campo.
Quindi abbasso i fitofarmaci e i fertilizzanti di sintesi e viva il biologico!
Silvia Fusaro
(1) Fusaro S., Squartini A., Paoletti M.G. (2017) Functional biodiversity,
environmental sustainability and crop nutritional properties: A case study
of horticultural crops in north-eastern Italy. Applied Soil Ecology.
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