“L’Italia non ama la caccia, chiede di abolirla o ridurla e domanda più
sicurezza rispetto al rischio doppiette. Questioni che non possono più
essere ignorate”. Lo sottolinea la LIPU-BirdLife Italia a proposito del
sondaggio sulla caccia realizzato dalla Ipsos per il ministro del Turismo
Michela Vittoria Brambilla.
“Il sondaggio Ipsos – sostiene la LIPU – conferma pienamente, e anzi
rafforza, l’immagine di un Paese che non ama l’attività venatoria, che la
considera un’inutile crudeltà e che vorrebbe fortemente limitarla o
addirittura, in percentuali molto alte, abolirla del tutto.
“Tra i tanti dati rilevanti del sondaggio, è bene evidenziarne alcuni: il 73%
degli italiani chiede di contenere la stagione di caccia al massimo tra i mesi
di ottobre e dicembre; l’82% chiede il divieto di caccia agli uccelli migratori;
il 78% desidera che sia aumentato il numero delle specie non cacciabili.
Dati inequivocabili, in parte già emersi da autorevoli ricerche recenti ma che
il sondaggio Ipsos-Ministero del Turismo mostra con ancora più vigore, anche
perché acuiti dai paradossali tentativi, da parte dei cacciatori ultrà, di
ampliare addirittura le maglie della caccia italiana.
”Finiti i tempi della caccia come mezzo di sostentamento o attività
tradizionale da preservare – prosegue la LIPU – oggi la caccia e’ considerata
dalla maggioranza degli italiani come un’esperienza avulsa dalla realtà’ e
lontana dalle sensibilità’ diffusa, che vede invece nella ura una dimensione
da vivere, in pace e serenita’, e negli animali selvatici degli esseri senzienti
da conoscere e rispettare.
“Ma ci sono altri dati su cui riflettere, e riguardano il serio problema della
sicurezza: il 74% degli italiani chiede che la caccia sia vietata di domenica e
nei giorni festivi; l’80% teme le escursioni durante la stagione di caccia;
l’85% chiede di aumentare le distanze di sparo da oasi e sentieri; l’87%
chiede che la licenza di caccia sia concessa non prima dei 21 anni e non
dopo i 70.
“C’è infine – sottolinea la LIPU – il dato di quell’80% di italiani che chiede lo
stop al libero ingresso dei cacciatori nei terreni privati, attualmente
consentito dall’articolo 842 del Codice Civile. Si tratta di una norma piuttosto
pesante, che se da un lato ha garantito la cosiddetta “caccia sociale” e
della “gestione”, dall’altro penalizza in modo serio coloro che vivono in
campagna. Gravemente sottovalutata dagli stessi cacciatori, questa
problematica rischia oggi di deflagrare, considerati i disturbi provocati dai
fucili sempre più potenti, gli incidenti di caccia che si susseguono e
l’inadeguatezza delle misure di sicurezza, tra cui ad esempio le distanze
minime dalle abitazioni per l’esercizio della caccia.
“Sono questioni che non possono più essere ignorate e a cui la politica,
nazionale e regionale, deve dare risposte coerenti – conclude la LIPU –
anziché continuare a piegarsi alle pressioni delle piccole lobby venatorie, tra
mancate tutele, caccia in deroga e infrazioni comunitarie.”
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